POESIA CIVILE E POESIA INCIVILE Da alcuni anni emerge in Italia un filone che sembrava definitivamente abbandonato, e anzi del tutto impraticabile: quello della poesia civile. Già nell’ultimo Raboni la volontà di testimonianza civile si faceva più impellente, pur nell’equilibrio di discrezione che egli non ha mai tradito nella parabola della sua scrittura. Ma ci sono casi più clamorosi, e persino sorprendenti: sia perché provengono da poeti in cui l’ardore civile era pressoché insospettabile, sia perché una serie di eventi, letterari e metaletterari (le avanguardie panlinguistiche del secondo Novecento, il crollo del marxismo, la caduta del muro di Berlino e la “fine della storia”), li facevano apparire a prima vista del tutto anacronistici. Questo tentativo, questo intendimento, è di per sé meritevole di ammirazione. Perché esprime una urgenza morale, un impulso interiore, come avrebbe detto Quasimodo, a “scendere dalle torri di avorio”, e sporcarsi le mani con umori e con paro...