Nella parte finale de “Il maestro e Margherita” Levi Matteo
(sarebbe l’autore del vangelo, di uno dei quattro vangeli riconosciuti dalla
chiesa) chiede a Satana di prendere con sé i due amanti e di compensarli con la
pace. È un passaggio che riesce a fondere, con la leggerezza rara di cui è
capace Bulgakov, ironia e intensità. Perché Voland-Satana, sorpreso dalla visita
che gli arriva dal dipartimento opposto del cielo, dà a Matteo del “servo
sciocco”, e quello gli risponde “Non voglio discutere con te, vecchio sofista”.
Ma poi arriva la richiesta. E quando Satana gli domanda perché piuttosto non li
prende con lui, nella luce, Matteo replica che i due non hanno meritato la
luce, ma la pace.
Dunque lo scrittore russo coglie nell’amore (nell’amore
erotico) una terzietà: non è di Dio, perché non è ossequio alle leggi, al
contrario è trasgressione. Però non è nemmeno del diavolo, perché non è il
male: e allora il suo posto, se ha un posto definitivo nell’universo, va pensato
oltre i paradisi e gli inferni, o almeno oltre i paradisi e gli inferni che noi
abbiamo costruito.
Il romanzo di Bulgakov offre davvero tante suggestioni:
questa è una delle possibili chiavi di lettura, ma ve ne sono tante altre che
stimolano riflessione e, come sempre accade con le opere autentiche, sono
capaci di mandarci in crisi. Conosco persone, anche lettori appassionati, che
non sono riuscite ad andare oltre le prime trenta pagine del libro, perché
turbate da questo Satana che vi domina e squilibra ogni nostro appigliarci alle
ordinarie sicurezze quotidiane. Ma nel diavolo bulgakoviano è da riconoscere
più che altro il cambiamento: quel vento che terrorizza gli ignavi, coloro i
quali si appigliano al formalismo delle leggi e dei regolamenti, i burocrati
che uccidono libertà e creatività. E d’altra parte è il cambiamento l’essenza
della speranza: potrebbe deluderci, potrebbe portarci problemi da affrontare e
contrasti da soffrire, ma senza di esso saremmo condannati a una calma piatta,
a un niente che, questo sì, ha il sapore della morte.
Una particolare versione teatrale de “Il maestro e
Margherita” è in scena a Milano, al Pacta Salone. È una produzione di Teatro de
Gli Incamminati/deSidera, con la regia di Paolo Bignamini e la drammaturgia di
Fabrizio Sinisi. In scena Matteo Bonanni, Mario Cei, Federica D'Angelo e
Luciano Mastellari.
È uno spettacolo che merita di essere visto, per
l’originalità dell’adattamento. Infatti la narrazione da Mosca viene spostata a
Milano. Così il maestro per scrivere il suo romanzo cerca ispirazione a porta
Venezia, il suo incontro con Margherita avviene ai navigli. E al posto dei
burocrati sovietici, a ostacolare il suo talento letterario c’è un editore
meneghino.
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