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Il lavoro che c'è

Di quei dirigenti sindacali vetusti e anacronistici ci siamo sbarazzati, sono stati rottamati quegli antipatici e sbiaditi difensori di diritti di tempi passati, che frenavano lo sviluppo della nazione; l’articolo 18, con la sua reintegrazione nel posto di lavoro per licenziamento senza giustificato motivo (chi ricorda più cosa vuol dire?) è stato buttato nel water.
Oggi per i giovani (a parte quell’esigua minoranza che ha preso uno spermatozoo dall’élite politico-economica) c’è la possibilità di fare le commesse nei franchising: devi impegnarti per iscritto se sei donna a non fare figli, poi ti trovi alle porte i rilevatori delle persone che entrano nel negozio, che il capo confronterà con gli scontrini emessi, e se le persone entrate hanno deciso di non comprare niente vuol dire che tu sei un’incapace e sarai mandata via.
Oppure puoi lavorare nella grande distribuzione veloce, che si impegna a far arrivare al cliente il prodotto che ha scelto entro 24 ore, e tu devi correre come un centometrista da un reparto all’altro, per trovarlo scenderlo giù portarlo inscatolarlo, e non ti è permesso fare una pausa nemmeno per fare pipì.
Sennò si possono fare i camerieri nei bar o nei ristoranti, con turni di nove-dieci ore, anche di notte anche di domenica anche a Natale e non devi dire nulla, non puoi andare nemmeno al funerale di tuo padre, solo prenderti le sgridate, e se non ti piace te ne vai.
Altrimenti rimangono i call center: sei sette ore al giorno a farsi mandare a quel paese da utenti infastiditi e che tu devi cercare di raggirare, per quattrocento euro al mese, e il contratto dura trenta giorni e se non mi piaci non devo darti nessuna spiegazione, ti mando via e basta.

Questo è il lavoro che c’è. Ma siamo sicuri che questo è il migliore dei mondi possibili? Che non poteva andare in un altro modo?

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