Una precisazione sulla giunta Mancini riguardo al ponte
Calatrava mi pare necessaria.
L’idea che ci fu presentata era assai diversa da quella che
vent’anni dopo è stata realizzata. Il ponte affidato alla progettazione di
Calatrava doveva rappresentare un momento, con firma d’autore, di gioiosa
stravaganza all’interno del recupero complessivo, severo e rispettoso, del
centro storico di Cosenza. Quella che si è fatta alla fine, decontestualizzata,
appare più che altro come un’opera da luna park. Per quanto riguarda il
finanziamento, del reperimento dei fondi si occupava l’assessore Catizone.
Il resto avvenne dopo. Della giunta Catizone io non facevo
parte. La neo-sindaca mi convocò e mi disse che, contrariamente a quanto si era
impegnata a fare, io non potevo continuare a svolgere il ruolo di assessore
alla cultura, perché sul mio nome il Pds aveva posto il veto. In cambio mi
offriva una superconsulenza. Rifiutai, e non perché non avessi bisogno di
soldi. Ma perché capivo che tutto un progetto di politica culturale finiva lì. Perché
sentivo che, io che non avevo mai avuto una tessera di partito in tasca e non
ero stato eletto da nessuno poiché ero un assessore tecnico, tuttavia ero diventato
il referente nel palazzo di centinaia, e forse migliaia di persone. Che in un confronto
quotidiano, a volte anche aspro, interagivano con me e partecipavano all’idea
di trasformare radicalmente Cosenza partendo da un lavoro collettivo sulla sua
identità. Un rimettere in gioco energie e risorse intellettuali e creative che
da tempo, forse da sempre erano state accantonate; un provare a cambiare il
mondo e, intanto, cambiare noi stessi. Una idea di politica culturale come
perenne interrogazione, non salottiera ma operosa, con i pennelli in mano e col
microfono che si passava di mano in mano. Tutto ciò finiva, e non perché non
c’era più la mia persona, che non conta niente, ma perché le parole d’ordine
diventavano altre. Negli anni successivi, poi, e ogni anno di più, “cultura” è
diventato la ricerca spasmodica del nome di un cantante che riempia la piazza.
Per far vendere più birre possibile, e poi andare tutti a casa.
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