Dai migranti che vengono considerati come
fastidiose cavallette di cui liberarsi con l’insetticida, ai poveri che molti
sindaci trattano come una impresentabile bruttura che danneggia l’immagine del
centro storico; dalle donne che sono tornate proprietà privata del maschio da
brutalizzare in roghi casalinghi quando si ribellano, ai disoccupati che ci
fanno aumentare le tasse con la loro assurda pretesa di ottenere dallo Stato
sussidi e cure mediche. In un ventunesimo secolo che in fatto di diritti
sociali segna un arretramento rispetto al quale il Novecento riluce come un
antico tempo felice, l’unica voce che in Italia si sta ergendo forte a difesa
degli ultimi e dei diseredati della Terra è quella del papa.
A sentirlo parlare, i vari Renzi e D’Alema,
Franceschini e Bersani, Letta e Gentiloni lì per lì hanno gioito: se ci sta il
papa a fare la sinistra, si son detti, noi possiamo farci gli affari nostri in
santa pace.
Il guaio per loro è che questo papa prende
maledettamente sul serio il Vangelo. Che fra l’altro dice “il mio regno non è
di questo mondo”. E dunque per loro non c’è niente da fare: Francesco non
accetterà mai di fare il leader politico, e la latitanza della sinistra resterà
clamorosa e devastante.
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