Passa ai contenuti principali

La famiglia, la patria


In questi giorni Milano è concentrata sul fashion, lunghe file per assistere alle sfilate di moda, capannelli per guardare, sfiorare, fotografare la modella famosa o lo stilista di grido. Per fortuna è una città in cui coesistono tante culture, tante dimensioni; così io me ne vado in un cinema a vedere “Un affare di famiglia”, di Hirokazu Kore-eda. Racconta di una famiglia che si forma intorno a un personaggio marginale; che raccoglie una donna che ha ucciso il marito per difendersi, e poi una anziana sola, una giovane prostituta, due bambini, e vivono tutti insieme. Lui fa il ladro, e insegna ai bambini quello che sa, ossia i suoi trucchi per campare. Fra tutti loro non c’è alcun legame di sangue, eppure vivono insieme, si instaurano rapporti autentici. Capaci di gioco e di amore. Le famiglie di sangue, che sono sullo sfondo, concepiscono invece solo rapporti di potere, di prevaricazione, di sofferenza. Non vi racconto altro, perché magari avrete voglia di vederlo.
Uscendo, a porta Venezia, c’è una modella elegantissima, che fa capannello. Ma ecco che si avvicina un giovane nero, ha in mano un panino al wurstel, e va verso i passanti gridando “Italiano, hai fame? Vieni, mangia il panino, mangia!” E’ la sua reazione all’ennesima provocazione che ha subito, all’ennesimo grido “Tornatene a casa!”. Perché abbiamo un ministro degli interni che è un ispirato educatore, riesce a convincerci che gli istinti più biechi che si aggirano nei meandri della nostra mente non sono merda, ma un programma politico.
Solo fino a pochi anni fa parole come famiglia, patria, razza ci facevano sorridere.
Mi torna in mente una storia, non so se la conoscete. C’era un uomo che amava parlare con la gente, sapeva dire cose che colpivano, ma affascinava soprattutto la gente semplice. Si era creato intorno a lui un gruppo formato da pescatori, ex-prostitute, mendicanti, storpi, ciechi, lebbrosi, apolidi, stranieri. Non aveva una casa, ma andava in giro, e parlava, insegnava. Una volta nel suo peregrinare arrivò nella città in cui era cresciuto, però si comportò come in tutti gli altri posti. Allora uno andò a chiamarlo e gli disse: “Non vedi? Lì c’è tua madre, lì ci sono i tuoi fratelli”. Ma quel maestro si girò verso lo stuolo che lo seguiva, coi quali non aveva nessun legame di sangue, e rispose: “Questa è mia madre, questi sono i miei fratelli”. Si chiamava, mi pare, Gesù.


Commenti

Post popolari in questo blog

La presentazione di BASE CENTRALE a Roma

 

Prima dell'ultimo metrò

Ma í ra (i nomi sono di fantasia, le storie sono vere) è una donna brasiliana, ha trent’anni. Fin da subito si mostra aggressiva, aspra, nei miei confronti. Mi chiedo perché è così ostile, mentre invece sembra ben integrata in una classe in cui peraltro si lavora bene, non si sviluppano particolari contrasti. Nei compiti in classe commette gli errori tipici di chi è di lingua portoghese e cerca di scrivere in italiano, glieli faccio notare, lei mi risponde con frasi strane, tipo: “Prof, tu non capisci. Tu non vuoi capire!”. Si va avanti così per un mese. Finché capita il compleanno di una sua compagna, lei porta i dolci, a fine ora si brinda, seppure non con l’alcol ma con l’acqua gassata; si scherza. Allora Ma í ra mi si avvicina, mi dice: “Prof, io ti odiavo perché tu il primo giorno ci hai detto che sei calabrese. Ed io, appena venuta in Italia, ho conosciuto un uomo, ho creduto alle sue promesse, me ne sono innamorata. Poi lui mi ha portato dove aveva casa, in Calabria. Ma era ge...

Chi preferisci fra Macron e Micron?

Grazie agli sviluppi dell’informatica, oggi le grandi trasmissioni televisive sono nelle mie mani. Sono io a “nominarli”, i concorrenti; a decidere chi canta meglio, chi balla meglio, chi deve andare in finale. Posso così appassionarmi a votare la formazione migliore, e persino la finale del festival di Sanremo viene decisa dal mio voto. Peccato però che nessuno si sogni di farmi decidere se voglio che nel mio paese sia riconosciuto il diritto a scegliere se essere costretto a restare in vita appeso alle macchine o possa optare per morire serenamente. Se voglio consentire a chi lo desidera di coltivarsi una piantina di marijuana sul proprio terrazzo, o se preferisco che a gestire la vendita delle droghe leggere sia la mafia. Se voglio o meno che Alitalia venga salvata coi soldi dello Stato. Se sono d’accordo che i debiti di Monte dei Paschi di Siena vengano pagati con le tasse che versiamo. No, su queste cose non mi fanno decidere niente, anche se la tecnologia consentirebbe di ef...