Passa ai contenuti principali

Per ricordare Carlo Cipparrone


“Ma la colpa maggiore è l’ignoranza”, scriveva Carlo Cipparrone in una delle sue poesie più belle. Attenzione, egli non si riferiva affatto a quelli che sono poco acculturati, ma piuttosto a coloro che non sanno di non sapere. A quelli che si gongolano di prosopopea per le nozioni acquisite, e non riescono ad andare oltre, a vedere al di là del proprio narcisistico confine. E prosegue: “mentre si dovrebbe restare per sempre /curiosi come bambini / a costo di fare domande imbarazzanti”.
Prosegue questa poesia con una sottile ironia, ma anche con la capacità, propria di questo autore, di sostenere verità importanti con nuda semplicità, con secca ma anche umile efficacia, come se dicesse cose ovvie, che invece ovvie non sono affatto. Questa curiosità è indice di amore per la vita, oltre che richiamo a quel tornare come bambini che ha echi evangelici; Cipparrone però vi aggiunge la doverosità del rispetto delle professioni più umili e meno intellettuali. Seguiamolo: Potrei narrarvi / di lunghi discorsi sui macellai / sul modo di squartare i vitelli / (darvi notizia dell’afta, / del male della bocca e dell’unghia); / o, nelle officine, / di colloqui tenuti coi meccanici / sul diverso funzionamento / dei motori a scoppio e diesel / (riferirvi di pistoni, / di aste a cremagliera).
In questi versi c’è il Cipparrone che correggeva le bozze con certosina pignoleria, e se del caso faceva ristampare a Franco Alimena, il paziente editore della nostra rivista di poesia, una seconda e una terza volta “Capoverso” se risultava sbagliato un numero, un accapo, una parola che avrebbe falsato il senso dello scrivere. Perché la poesia è appunto questo: è un lavoro sulla parola maniacale e insieme dolce, senza il quale non si può accedere all’estremamente profondo che è questa arte, senza il quale si è nella prosa, o peggio nel commercio. E c’è il Cipparrone schivo, che se ne stava in disparte, che rifuggiva i palchi, le televisioni, le ribalte. E ancora c’è il Cipparrone lavoratore, manovale fra i meccanici, cesellatore fra gli artigiani.
“E, per amare la vita, / appassionarsi anche a queste / umili cose; conoscere, / per esempio, le proporzioni / del calcestruzzo, del bitume”.
Carlo Cipparrone, cosentino, classe 1934, studioso di Betocchi, redattore di “Capoverso”, direttore della collana di poesia “Prisma”, uomo colto, acuto e mansueto, l’altra notte ci ha lasciato.
                                                                                          

Commenti

Post popolari in questo blog

Chi preferisci fra Macron e Micron?

Grazie agli sviluppi dell’informatica, oggi le grandi trasmissioni televisive sono nelle mie mani. Sono io a “nominarli”, i concorrenti; a decidere chi canta meglio, chi balla meglio, chi deve andare in finale. Posso così appassionarmi a votare la formazione migliore, e persino la finale del festival di Sanremo viene decisa dal mio voto. Peccato però che nessuno si sogni di farmi decidere se voglio che nel mio paese sia riconosciuto il diritto a scegliere se essere costretto a restare in vita appeso alle macchine o possa optare per morire serenamente. Se voglio consentire a chi lo desidera di coltivarsi una piantina di marijuana sul proprio terrazzo, o se preferisco che a gestire la vendita delle droghe leggere sia la mafia. Se voglio o meno che Alitalia venga salvata coi soldi dello Stato. Se sono d’accordo che i debiti di Monte dei Paschi di Siena vengano pagati con le tasse che versiamo. No, su queste cose non mi fanno decidere niente, anche se la tecnologia consentirebbe di ef...

L'Ultimo libro di carta

  Due storie si incrociano. La prima è quella di Aurelio e Lella. La seconda narra di Giulio Brogi, un professore di filosofia che insegna in un liceo di una Milano di questi anni immersa nel cicaleccio dei telefonini, avvolta in una nebbia non più atmosferica ma rumorosa e nevrotica nelle sue solitudini. Aurelio e Lella sono due ventenni all’inizio degli anni Quaranta, in un paese di mare del Sud dell’Italia, innamorati. Lui partecipa alla seconda guerra mondiale, viene mandato in Grecia nella sventurata spedizione italiana, poi deportato. Lei è convinta che lui sia morto, e si rassegna a sposare un altro. Frattanto Giulio scopre che è malato di Alzheimer, e la sua mente progressivamente deraglia. Intanto la vicenda di Aurelio e Lella scorre, fra private illusioni e pubblici inganni attraversa il secondo dopoguerra, la nuova emigrazione italiana, le fabbriche del Nord. Mentre la storia italiana corre verso il miracolo economico, coi suoi sogni piccolo-borghesi e le sue contr...
Quella volta che Antonello, Nello, Gianni… E poi quella volta Antonello, Nello, Gianni, Massimo, Larry vennero a trovarci, fra le nostre cataste di Oscar Mondadori e i nostri fogli dattiloscritti, fra le nostre carte appallottolate e i nostri aquiloni, lì, nella sede del Laboratorio di Poesia di Cosenza. Qualcuno di  noi era preoccupato, “Quelli sono dei pericolosi anarchici – diceva Pasquale – ci spaccheranno tutto”. Ma Raffaele, il più timido di noi ma anche il più mentalmente spericolato, aveva insistito: Dai, diceva, questi qui ci porteranno una ventata di aria nuova, ne abbiamo bisogno, non possiamo stare solo a trastullarci di parole pesanti, di Montale e di Sanguineti. E così io mi arrischiai: va bene, proviamo, facciamoli venire. La loro entrata fu decisamente spettacolare. Gianni era una sorta di maschera senza travestimenti della commedia dell’arte, parlava e insieme cantava, tratteggiava e intanto danzava. Nello sembrava il leader, un po’ stratega un po’ guappo....