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Razzi all'Unical

No, no, che avete capito?!
Non sono stati sparati dei razzi sull’Università; è il senatore Razzi ad essere stato invitato all’Unical, a parlare all’interno di un seminario sul tema "Stati Uniti e Corea del Nord. Rischio di un nuovo conflitto mondiale?".
Qui non mi interessa discutere se è stata cosa buona questo invito; è un’altra la riflessione che voglio sottoporvi. Questo parlamentare si esprime in un italiano creativo, una sorta di slang da cartone animato; ha la conoscenza della politica estera che può avere uno che guarda le foto dei personaggi illustri su una rivista sfogliata dal barbiere; le massime che esprime sarebbero giudicate poco riuscite anche dallo sceneggiatore dei film di Ficarra e Picone. Insomma al suo confronto molti parlamentari calabresi farebbero la figura dei filosofi del tardo Ottocento, magari un po’ oscuri ma convincenti.
Allora, perché se ne parla tanto? E perché tante persone comunque andranno a  sentirlo? È questo l’effetto perverso della nostra società dello spettacolo. Se un personaggio fa notizia, anche se è una roba da ridere ce ne interessiamo, vogliamo andarlo a vedere, stiamo persino attenti a quello che dice; e poi ne riferiamo ai nostri amici, facciamo da cassa di risonanza a quell’emerito niente.
Le persone che hanno qualcosa da dire, e che magari potrebbero illuminare la nostra giornata, in genere stanno lì vicino, dietro l’angolo; lontano dai riflettori, senza una pagina facebook, ascoltati da nessuno. Potremmo provare, una volta tanto, a rivolgere loro uno sguardo e cinque minuti di attenzione.

Per quanto mi riguarda, andrò a sentire Razzi solo se mi assicurano che al suo posto c’è Crozza, quello vero.

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