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Vi consiglio un libro

Dal premio Nobel Mo Yan ci arriva “I quarantuno colpi”, pubblicato da Einaudi. È un romanzo che merita di essere letto. Questo numero chiave, 41, qui significa almeno tre cose. I quarantuno capitoli in cui si articola il libro. I quarantuno colpi di mortaio che a un certo punto il protagonista spara contro il capo villaggio. E la leggenda che viene riportata di uno che sarebbe riuscito, in un giorno, a fare l’amore con 41 donne diverse. In effetti, se non si intitolasse così, il titolo più appropriato sarebbe “la carne”, che peraltro evocherebbe una storia significativa del cinema italiano. Ma qui la carne non è rivolta tanto al significato sessuale, quanto a un erotismo morboso che il protagonista sprigiona proprio verso l’alimento. È in effetti la storia di una ossessione, che scaturisce dalla privazione che Luo Xiaotong ha subito lungo tutta la sua infanzia: del desiderio smanioso di quel tipo di cibo che peraltro, per le sue vicende, è condannato a vedere in continuazione tutt’intorno a sé, senza potersene nutrire quasi mai. E nel corso dei capitoli ci viene propinato tutto il campionario: tutti i tipi di carne, da quelle più comuni a quelle più improbabili, nei vari tagli, cucinate in tutti i modi, arricchite da ogni possibile condimento. Tuttavia è un libro che non dispiacerà ai vegetariani, perché ogni pratica di imbruttimento e di adulterazione della carne viene raccontata ed evidenziata, dal gonfiarla con l’acqua all’arricchirla di veleni chimici.  
Per altri versi il romanzo è la storia degli ultimi decenni della Cina, e di come laggiù la modernizzazione abbia proceduto a tappe forzate, spingendo le sue contrade ad un balzo che ha fatto loro percorrere in trent’anni quello che da noi è maturato in cento anni, dal villaggio agricolo al villaggio globale; fino a scavalcarci nella corsa tecnologica e capitalistica. Facendo bene assaporare il fascino di quel mondo arcaico perduto. E attraversando l’epoca maoista che, nelle periferie, viene vissuta come una stravaganza imprevedibile e minacciosa di cui non si è compreso granché.

Un libro per capire la Cina? Anche. Ma soprattutto per cogliere che la Cina e l’India, la Russia e gli Stati Uniti, o se volete la Lombardia e la Sicilia, sono facce della stessa medaglia. Che la vera questione è sempre quella del nostro doverci misurare, dovunque abitiamo e quale che sia il colore della nostra pelle, col nostro lavoro interiore, col vedere quel che riusciamo a fare del patrimonio di desideri e di paure, di tensioni e di emozioni col quale ci troviamo a dover fare i conti a un certo punto della nostra esistenza. Sublimare e santificare la nostra ossessione? Capitalizzarci comne fenomeno da baraccone? Superare tutto e diventare altro? Il finale non lo svelerò. Ma non tanto per togliere il piacere della sorpresa a chi deciderà di leggere il libro; quanto perché la scelta è nostra, nessuno può compierla al posto nostro, e comunque vale la pena di andare fino in fondo.

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