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Bulgakov a Milano

Nella parte finale de “Il maestro e Margherita” Levi Matteo (sarebbe l’autore del vangelo, di uno dei quattro vangeli riconosciuti dalla chiesa) chiede a Satana di prendere con sé i due amanti e di compensarli con la pace. È un passaggio che riesce a fondere, con la leggerezza rara di cui è capace Bulgakov, ironia e intensità. Perché Voland-Satana, sorpreso dalla visita che gli arriva dal dipartimento opposto del cielo, dà a Matteo del “servo sciocco”, e quello gli risponde “Non voglio discutere con te, vecchio sofista”. Ma poi arriva la richiesta. E quando Satana gli domanda perché piuttosto non li prende con lui, nella luce, Matteo replica che i due non hanno meritato la luce, ma la pace. Dunque lo scrittore russo coglie nell’amore (nell’amore erotico) una terzietà: non è di Dio, perché non è ossequio alle leggi, al contrario è trasgressione. Però non è nemmeno del diavolo, perché non è il male: e allora il suo posto, se ha un posto definitivo nell’universo, va pensato oltre i p...

I poeti denunciano il nuovo razzismo

I POETI DENUNCIANO IL NUOVO RAZZISMO Anche i poeti decidono di far sentire la loro voce, in questo tempo in cui l’”homo homini lupus” sembra venire elevato a legge, e i governi di diversi paesi del mondo chiudono le loro frontiere in faccia a quanti cercano una via di scampo dalla guerra, dalla dittatura o anche semplicemente dalla miseria. Lo fanno usando i loro strumenti: riflettendo, nelle loro poesie, sul nuovo razzismo che emerge nella pancia dell’Occidente, e spesso è assecondato dai governi. A darne notizia è “Capoverso”, semestrale di poesia, che dedica uno speciale a “Poeti e popoli migranti”. Che contiene contributi, fra gli altri, di  Mariella Bettarini,  Donatella Bisutti,  Maurizio Cucchi, Anna Maria Curci, Giuseppe Langella, Giorgio Linguaglossa,  Giulia Niccolai,  Guido Oldani,  Gino Scartaghiande, Mauro Toffetti. Nel presentare il numero, il coordinatore Franco Dionesalvi scrive: “Quello che sconcerta è lo sfrenato incitamento dei se...

Per ricordare Carlo Cipparrone

“Ma la colpa maggiore è l’ignoranza”, scriveva Carlo Cipparrone in una delle sue poesie più belle. Attenzione, egli non si riferiva affatto a quelli che sono poco acculturati, ma piuttosto a coloro che non sanno di non sapere. A quelli che si gongolano di prosopopea per le nozioni acquisite, e non riescono ad andare oltre, a vedere al di là del proprio narcisistico confine. E prosegue: “mentre si dovrebbe restare per sempre /curiosi come bambini / a costo di fare domande imbarazzanti”. Prosegue questa poesia con una sottile ironia, ma anche con la capacità, propria di questo autore, di sostenere verità importanti con nuda semplicità, con secca ma anche umile efficacia, come se dicesse cose ovvie, che invece ovvie non sono affatto. Questa curiosità è indice di amore per la vita, oltre che richiamo a quel tornare come bambini che ha echi evangelici; Cipparrone però vi aggiunge la doverosità del rispetto delle professioni più umili e meno intellettuali. Seguiamolo: Potrei narrarvi / d...

La caduta del cielo

Questa è una recensione di poesia. Ma non è un libro di poesia. Sentitelo un po’. “ Quando infine gli xapiri rivelano la loro voce, la nostra paura svanisce, e persino coricati nella polvere proviamo un’intensa euforia!” E ancora: “Una volta che tutti gli xapiri si sono susseguiti nel canto e che il loro padre li ha imitati, per ultimo arriva lo spirito della sera Weyaweyari, di modo che il lavoro degli spiriti finisca e il loro padre possa smettere di divenire altro. Allora, tutti gli xapiri fanno ritorno nel petto del cielo con i loro specchi portandosi dietro tuti i magnifici canti di cui sono tanto gelosi.” Lui è Davi Kopenawa, portavoce dell’Amazzonia brasiliana, sciamano e leader amerindo. Il libro lo ha scritto insieme a Bruce Albert, antropologo. “Gli spiriti delle donne delle acque la adornano di mazzi di piume e gli spiriti dell’annatto la spalmano di tintura vermiglia. Gli spiriti cervo e giaguaro leccano i suoi occhi e il suo petto con le loro lingue ruvide....

La famiglia, la patria

In questi giorni Milano è concentrata sul fashion, lunghe file per assistere alle sfilate di moda, capannelli per guardare, sfiorare, fotografare la modella famosa o lo stilista di grido. Per fortuna è una città in cui coesistono tante culture, tante dimensioni; così io me ne vado in un cinema a vedere “Un affare di famiglia”, di Hirokazu Kore-eda. Racconta di una famiglia che si forma intorno a un personaggio marginale; che raccoglie una donna che ha ucciso il marito per difendersi, e poi una anziana sola, una giovane prostituta, due bambini, e vivono tutti insieme. Lui fa il ladro, e insegna ai bambini quello che sa, ossia i suoi trucchi per campare. Fra tutti loro non c’è alcun legame di sangue, eppure vivono insieme, si instaurano rapporti autentici. Capaci di gioco e di amore. Le famiglie di sangue, che sono sullo sfondo, concepiscono invece solo rapporti di potere, di prevaricazione, di sofferenza. Non vi racconto altro, perché magari avrete voglia di vederlo. Uscendo, a port...

In ricordo di "don" Umberto Grandinetti

A distanza di qualche settimana se ne sono andati Cesare Milaneschi e Umberto Grandinetti. Peraltro si erano ritrovati, insieme a rappresentanti di diverse religioni, dalle varie chiese cristiane ai musulmani, ai buddisti, agli induisti, in una edizione di diversi anni fa della Festa delle Invasioni. Perché qualcuno dovrebbe pur spiegarlo, ai giovani che non possono averne memoria, di come è nata, con quale progettualità, e con quali modalità si è sviluppata, a Cosenza, la festa delle Invasioni nei suoi primi anni. Si trattava di tutta altra cosa da quel che è adesso, ossia una sigla da mettere sul cartellone estivo per cercare di lucrare qualche finanziamento dalla Regione. Nei primi anni poneva la città di Cosenza come portavoce di una proposta di senso: quella di vedere nello straniero non il nemico, ma un’opportunità di crescita; non un minaccioso invasore, ma qualcuno che viene ad arricchirci, strappandoci alla nostra solitudine e vincendo il nostro solipsismo, le nostre ossessio...

Capoverso n.35

“ L’idea mi è venuta seguendo una partita di calcio di un campionato dilettanti. Si è infortunato l’arbitro, e allora gli altoparlanti hanno cominciato a dire: se c’è nel pubblico un arbitro iscritto alla Federazione, si presenti immediatamente . Più volte mi è capitato di sentire in un ipermercato, con lo stesso metodo, cercare un medico. E mi sono chiesto: è mai successo che gli altoparlanti abbiano chiesto se fosse presente un poeta, e di presentarsi immediatamente? Ecco, secondo me il tempo giusto per un ricorso disperato (ma anche un po’ giocoso, ovviamente) ai poeti potrebbe essere questo ”: così scrive Franco Dionesalvi nell’editoriale del numero 35 di CAPOVERSO, un semestrale di poesia che ha redazioni in diverse città italiane, ma la sua sede a Cosenza, esattamente in una  libreria che conserva vecchi  volumi ed è aperta da tempo immemorabile tutte le mattine di fronte il polveroso palazzo delle Poste centrali; e che porta lo stesso nome della sua piccola casa ed...